



di Valentino Tavolazzi
Il Comune deve cessare l’applicazione del balzello ai passi carrai a raso, i cui proprietari non abbiano espressamente richiesto la concessione del divieto di sosta. Progetto per Ferrara ha presentato ieri una risoluzione in consiglio comunale, firmata anche da altri gruppi di opposizione, perché cessi immediatamente l’ingiustizia. Analogamente ha fatto Io Amo Ferrara. La discussione è stata rinviata al prossimo consiglio. L’articolo 44 comma 4 del decreto legislativo n. 507/1993 definisce i passi carrabili “manufatti costituiti generalmente da listoni di pietra o altro materiale o da appositi intervalli lasciati nei marciapiedi o, comunque, da una modifica del piano stradale intesa a facilitare l’accesso dei veicoli alla proprietà privata”. Quindi, punto primo, gli accessi a raso che non rientrino in detta classificazione, non sono passi carrai.
In secondo luogo il segnale di divieto di sosta non è obbligatorio per gli accessi che non siano passi carrai definiti come sopra. L’articolo 36 del DPR 610/1996 recita: “Nel caso in cui i passi carrabili…rientrino nella definizione dell’articolo 44, comma 4, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, nella zona antistante gli stessi vige il divieto di sosta, segnalato con l’apposito segnale di cui alla figura II.78. In caso contrario, il divieto di sosta nella zona antistante il passo medesimo ed il posizionamento del relativo segnale, sono subordinati alla richiesta di occupazione del suolo pubblico che, altrimenti, sarebbe destinato alla sosta dei veicoli, in conformità a quanto previsto dall’articolo 44, comma 8, del citato decreto legislativo 507/93”.
Dunque non vi è alcun dubbio che l’applicazione coatta della Tosap per i passi carrai a raso sia illegittima. Tant’è che anche la Corte di Cassazione (sentenza 8106/2004) ha chiarito che i varchi a raso “postulano per la tassabilità quell’elemento significativo – il rilascio del divieto di sosta – che renda palese e certa la destinazione particolare ed eccezionale dell’area prospiciente, la cui presenza, come si è detto, non è obbligatoria, ma è rimessa alla scelta del soggetto privato“. Al punto 6.3 la stessa sentenza ribadisce come “il riferimento all’autorizzazione, postulata per ogni tipo di varco o accesso dall’art. 22 del codice della Strada, non spiega rilevanza alcuna in ordine alla pretesa tributaria, poiché non rappresenta il titolo giustificativo per la riscossione del tributo che trova, invece, la sua fonte nella condizione […] rappresentata, come si è detto, dall’effettiva occupazione del suolo pubblico”
La Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente sui passi carrabili a raso (sentenza 16733/2007) per ribadire che essi non sono soggetti a tassa (o tariffa). Essa ha infatti stabilito che il passo a raso, cioè senza taglio di marciapiede, listoni delimitativi o altre opere, “non determina un’occupazione visibile del suolo pubblico”, dato che “manca qualsiasi opera o manufatto realizzato su suolo pubblico”, e che “non presenta interruzioni sul marciapiede o modifiche del piano stradale che permettano, al proprietario dell’accesso, una posizione ed un uso diverso del marciapiede da quello di cui può fruire tutta la collettività”.
La società I.C.A concessionaria del Comune ha da tempo notificato a famiglie e aziende le richieste di pagamento per i passi carrai, compresi quelli a raso, richiedendo arretrati e sanzione di mora. E’ evidente l’interesse dell’I.C.A., pagata in percentuale sugli incassi. Non è altrettanto accettabile che il Comune finga di non vedere la vessazione di cittadini e imprese, solo per incamerare altro denaro nelle proprie casse.
Valentino Tavolazzi
Consigliere comunale Progetto per Ferrara
Movimento 5 Stelle