



Pubblicata da Estense.com
In questi giorni si è sentito parlare della triste sorte toccata all’oasi naturale che sorgeva nell’area agricola compresa tra il Poggetto e la tenuta della Cugnola, naturale corridoio di connessione tra due zone di interesse paesaggistico riconosciute da anni. Il fondo, fino a poco tempo fa quasi interamente di proprietà dei Sigg. Ferraguti, stupiva il visitatore con i suoi boschetti di piante ed arbusti autoctoni, con le sue siepi al bordo degli stradoni, con sei maceri da canapa anche loro circondati da alberi e arbusti molto grandi, e con le sue enormi vasche palustri (circa 12 ha) realizzate con contributi della regione e della comunità europea (quindi con i soldi di tutti noi contribuenti).
Le paludi ospitavano piante e animali stanziali e migratori, che negli anni avevano sviluppato una incredibile bio-diversità, contribuendo a ripopolare questo angolo del territorio ferrarese di specie rare e protette dalla legge. Meraviglia tra le meraviglie, alcune rigogliose farnie secolari, di oltre 150 anni di età e di quasi 30 m di altezza, tenevano con il naso all’insù tutti coloro che qui si rilassavano in lunghe passeggiate, e parevano raccontare al vento quelle favole antiche che solo i bambini riescono ancora a sentire.
Con la cessione della tenuta da parte dei Sigg. Ferraguti e di alcuni confinanti al nuovo proprietario, imprenditore agricolo veneto già in possesso di enormi estensioni di terreno nel basso ferrarese, tutto è cambiato. L’intera zona è stata destinata ad ospitare un frutteto, centinaia di ha di peri tutti uguali, piantati fitti e trattati a fitofarmaci, nella logica di una agricoltura intensiva e di massimo sfruttamento del territorio. Ogni singolo metro quadrato doveva essere usato, spremuto, trasformato. E così è stato. Ogni pianta è stata divelta, fatta a pezzi e tritata, ogni arbusto bruciato. Le paludi sono state interrate e con loro pesci, tritoni, rane e ogni altra piccola forma di vita; i canneti distrutti, le acque prosciugate. I maceri sono stati deturpati, strappando gli alberi che li proteggevano dal sole, distruggendo i nidi proprio nel periodo della cova, e sono stati svuotati forzatamente della loro acqua, causando altra morte e distruzione della fauna locale. Oggi, della splendida oasi non resta che il ricordo; al suo posto c’è un deserto di terra arata dalla quale una fila di ruspe, serve del denaro e del guadagno, tiene minacciosamente alla larga chiunque si avvicini.
La Pubblica Amministrazione sia comunale che provinciale, sollecitata a mostrare le regolari e necessarie autorizzazioni per realizzare lo scempio, nonché la relativa documentazione, si è trincerata dietro un silenzio che desta stupore, rabbia e sospetto. Dove sono le autorizzazioni per l’abbattimento di tutti quegli arbusti e quegli alberi, di cui molti secolari, che il nuovo proprietario si è sbrigato a sminuzzare e a far sparire, utilizzando anche il fuoco per cancellare ogni traccia? Quando e con quale giustificazione è stato permesso di interrare le vasche di acqua dolce, distruggendo habitat protetti per legge e realizzati con contributi pubblici? Perché sono stati deturpati e svuotati i maceri da canapa, inseriti proprio quest’anno nella rete ecologica provinciale (REP) quali elementi fondamentali per l’ecosistema locale e quindi protetti da direttive regionali? Perché i corpi ed i servizi di polizia locale ed il Corpo Forestale dello Stato che devono vigilare sull’applicazione della legge sulla protezione della fauna minore, catalogata e presente all’interno dell’oasi, non sono intervenuti per porre fine ad un tale disastro ecologico? Si parla tanto di sviluppo sostenibile, di difesa dell’ambiente e di abbattimento della CO2 per ridurre l’effetto serra, ma abbiamo ormai la certezza che si tratti solo di belle parole. Di fatto, nessuno muove un dito per far rispettare le leggi, forse in nome del quieto vivere, o, forse, per taciti e illeciti scambi di favori realizzati alle spalle dei cittadini, sempre tagliati fuori dalle decisioni politico-amministrative e privati anche dei pochi mezzi a disposizione per tutelarsi e difendere patrimoni che sarebbero un loro diritto.
Così, un altro frammento delle nostre splendide campagne è andato perduto, un altro scampolo della nostra memoria storica è stato calpestato senza riguardo. Ancora una volta la logica del denaro e del profitto ad ogni costo ha prevalso, ed un piccolo paradiso naturale alle porte della città è stato cancellato per sempre. Nulla ci restituirà le farnie dalle immense chiome, i boschetti pieni di lucciole, i pesci saltellanti dei maceri e le loro acque piene di vita, gli uccelli maestosi che trovavano riposo e ristoro nelle vasche palustri e il dolce pigolio dei loro nuovi nati in primavera; i bambini non potranno più perdersi ad ascoltare le storie degli alberi.
Chiediamo chiarezza e giustizia, questa volta. Chiediamo di fermare lo scempio e una punizione esemplare per chi lo ha compiuto, dissuasiva per chi avesse intenzione di seguirne le orme. Chiediamo quello che il Sindaco del Comune di Ferrara per legge può e deve fare: ordinare il ripristino dello stato dei luoghi. Un gesto, che riaccenderebbe la speranza di un futuro realmente impostato per la salvaguardia dell’ambiente…una decisione che ridarebbe ai cittadini la fiducia in chi li governa.
Un gruppo di cittadini che hanno a cuore l’ambiente