21 Giu, 2011
Ferrara: Città Patrimonio dell’Umanità ma il suo “DURC” non è molto etico
Inserito da: PpF In: Sanità




Riceviamo e pubblichiamo integralmente:
di Mariangela Fittizio
Un’azione acquista un valore, un significato ed un’importanza diverse in considerazione della nazione in cui detto atto è stato commesso. Se a Ferrara, per un qualsiasi motivo, venisse negato ad una persona un bicchiere d’acqua, cosa succederebbe? Sostanzialmente nulla perché se lo andrebbe a prendere da un’altra parte. Ma se lo stesso gesto di rifiuto fosse fatto in un Paese del nord Africa, dove la carestia dell’acqua è perenne, quel fatto potrebbe assumere i connotati di una tortura ed il protrarsi del diniego dell’acqua potrebbe avere conseguenze mortali. Quindi stessa azione, diversa valutazione.
Pensiamo ad una persona anziana, con difficoltà di deambulazione, che viva della pensione minima, che giornalmente fa poche centinaia di metri per andare a trovare il marito ricoverato all’ospedale; la obblighiamo a fare parecchia più strada, a pagare dei soldi che prima non spendeva per raggiungere il marito ricoverato parecchi chilometri più distante ed a ricordarsi di controllare gli orari per il ritorno, in quanto è risaputo che oltre un certo orario non vi sono più trasporti pubblici. Pensiamo al moltiplicarsi di questi casi e, per vari motivi, farli diventare decine di migliaia; non suscita generale riprovazione?
Aggiungiamo la limitazione delle prestazioni erogate dal nuovo ospedale, che in molti casi costringeranno i medici a far trasportare il paziente in altri ospedali, con ulteriore perdita di tempo prezioso prima dell’intervento medico specialistico (in molti casi il ritardato soccorso è causa di infermità permanenti oppure anche di morte); non potrebbe essere interpretata come attentato grave all’integrità fisica o psichica?
Nei confronti dei politici-amministratori che hanno deciso e sostenuto la costruzione dell’ospedale di Cona con la conseguente chiusura del S. Anna, potrebbero ravvisarsi gli estremi per aver perpetrato un danno ai ferraresi (parte del popolo italiano)?
Definizione di crimine contro l’umanità
In giurisprudenza, la locuzione crimine contro l’umanità definisce le azioni criminali che riguardano violenze ed abusi contro popoli o parte di popoli, o che comunque siano percepite, per la loro capacità di suscitare generale riprovazione, come perpetrate in danno dell’intera umanità.
Non tutti i crimini contro l’umanità sono dei genocidi
L’articolo 211-1 del Codice Penale francese definisce il crimine di genocidio prima di dare la definizione degli altri crimini contro l’umanità.
« Costituisce un genocidio il fatto, in esecuzione di un piano concertato volto alla distruzione totale o parziale di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, o di un gruppo determinato in base a qualsiasi altro criterio arbitrario, di commettere o far commettere contro i membri di siffatto gruppo uno dei seguenti atti:
– attentato volontario alla vita;
– attentato grave all’integrità fisica o psichica;
– sottomissione a condizioni di esistenza di natura tale da comportare la distruzione totale o parziale del gruppo;
– misure volte a ostacolare le nascite;
– trasferimento forzato di bambini. »
Il genocidio è punito con la reclusione criminale a vita.
ORDINE DEL SUPERIORE GERARCHICO
Un’efficace repressione dei crimini internazionali presuppone che non si possa invocare come esimente la circostanza di aver ubbidito ad un ordine superiore. Questo fondamentale principio era già stato espresso nell’art. 8 dello Statuto del Tribunale di Norimberga, il quale attribuiva all’ordine del superiore gerarchico il valore di mera circostanza attenuante, non di esimente. Come era prevedibile, a Norimberga, davanti al Tribunale internazionale, la difesa dei nazisti invocò il Führerprinzip (ordine del superiore), asserendo che gli imputati avevano agito sempre su ordini venuti dal capo supremo. Come osservò uno degli avvocati della difesa, Nelte, gli imputati erano stati “solo portavoce o strumento di una volontà soverchiante”. Ma il Tribunale respinse queste tesi. Sul Führerprinzip esso rilevò che:
“Hitler non poteva scatenare una guerra d’aggressione da solo. Aveva bisogno della cooperazione di politici, leader militari, diplomatici e uomini d’affari … Costoro non possono essere ritenuti innocenti, perché Hitler li strumentalizzò, se sapevano ed ebbero la consapevolezza di cosa stavano facendo. Essi sono responsabili dei loro atti anche se furono nominati e comandati da un dittatore. In diritto internazionale, così come in diritto interno, il rapporto gerarchico tra capo e subordinato non comporta l’esenzione dalla pena”.
La sentenza del Tribunale di Norimberga ha avuto quindi il merito di stabilire un principio fino ad allora sconosciuto:
il subordinato ha l’obbligo di rifiutarsi di eseguire un comando criminoso.
Ahinoi! Non vorremmo che alla Corte Penale Internazionale dell’Aja rimanesse un unico reo: Il portantino che ha consegnato la missiva di inizio lavori dell’ospedale.
Cordiali saluti.
Mariangela Fittizio