22 Mag, 2014
I diritti-doveri inderogabili non vanno a braccetto con le finzioni
Inserito da: PpF In: Politica




di Paolo Giardini
L’invito di mons. Negri ai cittadini di partecipare col voto alla vita sociale e politica del paese in quanto “gravissimo obbligo di coscienza civile […] e cristiana” è certamente condivisibile. Però il concetto è di difficile applicazione, data la regola vigente che pretende e ottiene un voto mirato solo all’avvicendamento dei partiti vero o fittizio che sia. Se ciò consente prodigiose quadrature del cerchio (il partito al potere che ripropone se stesso promettendo il contrario di quanto fa adesso *), purtroppo è inidoneo alla risoluzione di problemi concreti perché manca l’accertata corrispondenza fra: utilità e necessità, militanza politica e capacità amministrative, cariche istituzionali e vere competenze (**). Fra tante modalità di voto fattibili, quella che ancora ci viene imposta è rozza, arcaica, premiante il mantenimento dello status quo, che guarda caso corrisponde al primo problema che ci affligge: l’impossibilità di mutare regole dove urgono cambiamenti.
Da qui il progressivo svuotamento dei contenuti primigeni delle istituzioni, spesso trasformate in parassitarie roccheforti di nomenclature locali. La permanenza di un’istituzione fine a se stessa diventa segnale di avanzata stupidità sociale e l’accettarla, conseguentemente, è da stolti, non obbligo di coscienza civile. E se ci sono “principi non negoziabili” che oltre alle ambiguità escludono le stoltezze, il conflitto delle coscienze con questo sistema di voto diventa insanabile.
A proposito di coscienze, per i credenti il settimo comandamento (non rubare) ha un significato simile ma non uguale a quello della società civile. In quest’ultima il furto è un reato se contemplato dalle leggi. Se non è contemplato non c’è furto (come non sono reati tante cose riprovevoli), quindi sicure violazioni al settimo comandamento possono essere praticate quando conformi a modalità legali. Inutile precisare chi, da noi, più di altri s’è prodigato in tali legittimità a mio avviso delinquenziali, ma è grazie a loro che dovrò fare violenza ai miei principi andando a votare un sistema abominevole, per evitare che una scheda bianca non conteggiata alzi il potenziale della lista che ritengo più ipocrita e più ladra di tutte. Un penoso sì per dire tanti no.
Votando per una qualsiasi lista fra quelle proposte, voterò a scatola chiusa sia per le proposte esplicite di un programma che contiene sempre troppi argomenti perché risultino tutti accettabili (e troppo pochi per comprendere il tutto), sia per la certezza del furto legalizzato e per l’acritico mantenimento di un’istituzione snaturatasi nel tempo, perché i due punti non son compresi in nessun programma elettorale fra quelli proposti. Credo che ci sia tanta strada da fare prima di arrivare al punto in cui un simile voto corrisponda pienamente ad un diritto-dovere inderogabile.
(*) Esempio: un manifestino pro Tagliani sindaco titola: SANITÀ EFFICIENTE, VICINA E SENZA SPRECHI. L’avranno redatto in Cina, dove non sanno che lo stesso Tagliani perorò la deportazione dell’ospedale cittadino in luogo lontano non baricentrico, di difficile accesso, a rischio allagamenti, costosissimo, cioè a creare pessime condizioni di sanità mai viste prima.
(**) In cinque anni di questa legislatura i bilanci sono stati discussi animatamente, ma solo da due persone che di bilanci se ne intendono: Tavolazzi e l’assessore al bilancio in carica. Si può arguire che il 90% dei presenti in Consiglio Comunale non fossero in condizione di metter becco, né di capirci qualcosa, eppure tutti hanno votato con eguale peso, autorevolezza e “competenza”.