



L’indignazione nel paese sale e la sfiducia verso i partiti induce molti Comuni ad aprirsi ai cittadini, ad aumentare la trasparenza, prevedendo referendum popolari senza quorum, facilitando l’accesso agli atti, pubblicando le delibere e i provvedimenti in rete, promuovendo consultazioni popolari ecc… Per farlo modificano gli statuti. In tale direzione vanno le proposte Ppf di modifica dello statuto del Comune di Ferrara (allegate). Ma il Pd e la sua corte di alleati, più alcuni gruppi di opposizione, non ne vogliono sapere di aprire il palazzo ai cittadini e mantengono alta la barriera all’ingresso.
Possono farlo legittimamente. Per non cambiare le regole del gioco, è sufficiente applicare quelle esistenti. I procedimenti per la loro revisione, prevedono infatti l’approvazione a maggioranza dei due terzi, ovvero almeno 27 voti su 40. Quando il Pd e la sua corte (24 voti) dicono no, non c’è partita e non si cambiano regole.
Da due anni in Comune lavora la commissione statuto. Stante la regola dei due terzi, per proprietà transitiva applicata anche in quella sede, al Pd basta votare contro qualsiasi proposta sgradita ed il gioco è fatto. Delle tre squadre in campo, maggioranza, opposizione, cittadini, l’unica che detiene il potere di bloccare il cambiamento delle regole è la prima. Questo perché la casta occupante il palazzo da sessant’anni, ha fatto regole su misura per tenere i cittadini fuori dalla gestione della cosa pubblica e tali per cui, senza il suo consenso, sia impossibile cambiarle.
Ma la manovra è ancora più sporca.
Il Pd non si accontenta di votare contro le proposte di cambiamento in commissione, quindi di dare un parere preventivo negativo. Pretende che esse non vengano sottoposte al voto del consiglio comunale, per sottrarsi alle critiche dei cittadini. Dunque prepara (fa preparare) una delibera di conclusione dei lavori della commissione, che non citi le modifiche bocciate. La approva con la sponda di gruppi di opposizione e, magicamente, sfruttando una regola sugli emendamenti, quelle proposte non potranno accedere al consiglio, essere discusse e votate dai consiglieri che non hanno partecipato all’istruttoria. Così facendo la maggioranza viola democraticamente il principio di iniziativa politica del consigliere, sancito dalla legge, impedendo ad esso di presentare proposte che non abbiano avuto la maggioranza qualificata in commissione, cioè l’assenso del Pd.
Tutto questo dimostra che siamo in regime di dittatura democratica!
Giustamente la Prefettura scrive che se non cambiano le regole, non si possono sottoporre al consiglio le proposte bocciate. Ma noi domandiamo rispettosamente al Prefetto: “come si possano cambiare le regole, se il Pd, facendo leva su quelle da cambiare, lo impedisce?”.
Valentino Tavolazzi
Consigliere comunale Ppf