



La vicenda del nido del Salice è l’ultima conferma del degrado istituzionale che da anni affligge la città. Ennesimo effetto di una gestione opaca, pervasa da incapacità e mala fede. E’ la conseguenza della stessa irresponsabilità politica emersa in altre scelte di grande rilevanza: Turbogas, Inceneritore, Cona, Costruttori.
Una opacità che si afferma come deludente risultato della falsa applicazione di “trasparenza e rinnovamento”. Principi sublimati con ipocrisia a vessillo del nuovo corso DS, lanciato nel 1999 dal detentore del copyright Roberto Montanari, incarnato da Gaetano Sateriale e Pier Giorgio Dall’Acqua e sventolato per anni dai vari Bratti, Golinelli, Tagliani, Ronchi e minori. Quanto è coinvolto l’onorevole Alessandro Bratti nella vicenda del Salice come assessore comunale all’ambiente e direttore regionale dell’Arpa?. Sapeva o no dei terreni inquinati?
Una opacità che in molte vicende non ha consentito di accertare l’assenza di intrecci tra politica ed interessi economici, ma anche i limiti di una inconsistente opposizione, oltre alla gravissima subalternità alla politica degli apparati tecnici, per legge preposti al controllo a tutela e garanzia dei cittadini.
Senza le battaglie di gran parte del mondo ambientalista, senza la mobilitazione dei cittadini, senza i referendum, gli esposti, i ricorsi alla magistratura ed al Ministero, non sarebbero mai emerse situazioni gravissime per la salute e per l’ambiente. Conchetta non sarebbe stato chiuso nel 2005, il trattamento degli off gas non sarebbe stato realizzato, il Salice non sarebbe stato bloccato.
Ferite profonde che hanno distrutto il rapporto di fiducia tra elettori e politica ed impedito la partecipazione democratica dei cittadini. Guardata in prospettiva, la fase politica dei “rinnovatori” non sembra aver troncato gli intrecci tra politica ed affari, che tanto danno economico ed ambientale hanno arrecato alla città. Ma al tempo stesso quella stagione ha inferto ferite profonde al funzionamento della pubblica amministrazione, lasciando in eredità una città più inquinata, più ammalata, più povera e meno democratica.
Di Pietro a piazza Farnese ha parlato di “silenzio mafioso”. Una espressione forte, che non va riferita solo al sud del paese, alle coppole, ai fucili a canne mozze e alle morti bianche. Non “mafia”, ma una gestione opaca del potere è diffusa ovunque, anche qui attorno a noi. Numerosi sono i comportamenti ad essa riconducibili.
Realizzare grandi opere sapendo di arrecare danno alla comunità. Importare rifiuti all’insaputa delle popolazioni. Triplicare l’inceneritore dicendo che inquinerà meno. Scambiare il proprio voto con una poltrona da assessore. Isolare e condizionare le “teste pensanti” per indurle al silenzio. Ubbidire ai potentati per garantirsi uno stipendio. Distribuire contributi pubblici ad amici ed oppositori collusi. Occupare le istituzioni piazzando mogli e figli in forza della propria posizione. Confezionare concorsi su misura. Accedere ad incarichi di prestigio in cambio di fedeltà. Lasciare fallire un’impresa nazionale, rovinando centinaia di famiglie, per liberarsi del suo capo. Coltivare clientele, fannulloni e senza mestiere in cambio di voti. Spendere i soldi di tutti per garantire l’intrattenimento di pochi. Ridurre la comunicazione istituzionale a propaganda personale e di partito. Dare appalti agli amici. Mentire alla popolazione. Sapere e tacere. Pretendere dai media pennivendoli al servizio del potere, camuffati da giornalisti.
Valentino Tavolazzi
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