



Il tema dei rifiuti è molto complesso, non ha soluzioni univoche, investe i modi di produrre, distribuire e consumare propri di una società moderna come la nostra. Gestire i rifiuti comporta costi economici ed ambientali, oltre che un prezzo per la salute. Diverse sono le concezioni sull’argomento, sulla produzione dei rifiuti, la raccolta, il recupero, il riciclaggio, la combustione, la gassificazione, la totale eliminazione. Ma con essi si deve fare i conti tutti i giorni e le scelte di oggi, riguardo alla loro riduzione e gestione, sono destinate a condizionare il nostro futuro e quello dei nostri figli.
Paul Connet, professore di chimica ambientale e tossicologica della Saint Lawrence University di New York, e guru delle teorie anti inceneritori, sostiene che bisogna passare dalla gestione dei rifiuti alla gestione delle risorse, cominciando dall’inizio della catena produttiva e coinvolgendo la comunità intera. E’ indispensabile responsabilizzare i cittadini con un buon governo locale e statale, che sappia guidare i consumi e la gestione delle risorse. Occorre, prima di tutto, prevenire la produzione dei rifiuti, incentivare la raccolta differenziata, il riciclo ed il riutilizzo. Sono queste le parole chiave della “soluzione sostenibile”, da radicare non solo all’interno della società civile, ma anche nelle aziende. Certo è facile dirlo, tuttavia nessuno, in particolare chi ha responsabilità di governo, può sottrarsi al dovere di fare il massimo per dar vita a questi meccanismi virtuosi.
Negli Stati Uniti è stata interrotta l’attività di 300 inceneritori (non se ne costruiscono da 8 anni) e 14 in Canada. C’è una grande opposizione un po’ in tutti i paesi dove ci sono o se ne vogliono realizzare di nuovi. Secondo Connet, per quanto sicuri siano gli inceneritori, non saranno mai una soluzione ragionevole. Non ha senso spendere soldi per distruggere risorse utili per il futuro del nostro pianeta. Se dobbiamo compiere degli sforzi è sensato farlo per conservare le risorse e non per distruggerle. Senza considerare i problemi per l’ambiente e la salute.
Diossine, furani, metalli tossici che non si possono distruggere e che finiscono in atmosfera o nelle ceneri e vengono resi come particelle che entrano nei polmoni, sono le minacce che accompagnano ogni proposta di nuovo inceneritore. Le diossine sono molto pericolose. Non sono solubili e quindi non si possono espellere tramite i reni, restano nel grasso degli animali e degli uomini, passano al feto ed influiscono sulla sua crescita. Gli inceneritori sono i maggiori produttori di diossina.
La scelta di triplicare l’impianto di combustione dei rifiuti di Cassana implica una grande responsabilità, con conseguenze anche sulle future generazioni. L’assessore provinciale Golinelli ha esposto la filosofia che sottende il piano rifiuti. Se il presupposto è chiudere le discariche, puntando sul parziale compostaggio nell’impianto di Ostellato, sulla raccolta differenziata al 40% e sulla termovalorizzazione di tutto il resto, compreso il CDR di ritorno da Ostellato, l’inceneritore diventa una scelta obbligata. E se lo si deve costruire, questo non può che avvenire, per ovvi motivi economici ed impiantistici, a Cassana, dove tra l’altro inizia il teleriscaldamento. Naturalmente il beneficio per i conti di Agea sarebbe notevole, i ricavi legati all’impianto passerebbero dagli attuali 3 milioni di euro a 20 milioni ed il reddito operativo da zero a 4 milioni di euro. Non c’è che dire, una bella sistemata al bilancio.
Molto si può ancora discutere sul dimensionamento dell’impianto, sulle tecnologie scelte per la combustione ed il trattamento dei fumi, ma quell’impostazione non lascia spazio riguardo alla necessità di bruciare, o come si preferisce dire oggi, termovalorizzare qualcosa come 140 mila tonnellate di rifiuti ogni anno, trasportati da 90 autotreni giornalieri. Occorre inoltre costruire una strada da milioni di euro per non intasare il centro abitato ed un nuovo raccordo presso il casello autostradale di Ferrara nord.
Ci si domanda se questo sia l’unico scenario possibile per Ferrara, che per altro non è sola in questa scelta. Anche Reggio Emilia avrà il suo inceneritore, ma brucerà solo rifiuto secco, la riduzione dei rifiuti sarà del 3%, con una raccolta differenziata al 50% nel 2006 e al 60% nel 2012. Modena invece punta al 55%, mentre Vicenza già oggi è al 45%. Ma non è questo il punto.
Non è vero che si debba scegliere per forza fra due mali, incenerire o seppellire i rifiuti nelle discariche. Si può puntare con maggior decisione e coraggio sulla separazione degli organici umidi alla fonte, nelle case e nei negozi, per compostarli. Gli altri rifiuti, relativamente non dannosi, verrebbero in gran parte riciclati.
I residui potrebbero essere trattati in impianti posti vicino alle discariche, dove selezionare i materiali riciclabili, tossici e organici sporchi, che potrebbero dare un compost non da vendere, ma utile per stabilizzare altre scorie in discarica.
Certo le istituzioni devono fare la loro parte, e anche i cittadini. Il passo chiave verso la sostenibilità del trattamento dei rifiuti è la responsabilità delle comunità, che va incentivata. Gli inceneritori in fondo sono un grande spreco di risorse e di denaro dei contribuenti. Con la differenziazione si creano posti di lavoro e i soldi restano nella comunità. In una città dell’Irlanda in 8 mesi si è arrivati al 56% di raccolta differenziata. Anche in alcune città italiane si sono ottenuti risultati brillanti, ma poi la raccolta differenziata salta quando si parla di inceneritori. Allora le casse dei gestori di impianti si gonfiano di utili e a pagare sono solo i cittadini. Da tutti i punti di vista.
Valentino Tavolazzi
Progetto per Ferrara
01/06/2003