



Intervengo come cittadino stimolato dalla lettera della signora Pasquina Ferrari pubblicata venerdì 17 aprile, dove la stessa commentava con proprie osservazioni e critiche il bilancio di due mandati amministrativi tracciati dal sindaco Gaetano Sateriale. Nulla da eccepire, molte osservazioni fatte dalla signora Ferrari le condivido anch’io, tuttavia… Tuttavia mi ha incuriosito quel passaggio dove ella scrive che uno dei maggiori crucci del sindaco uscente sarebbe “l’esperimento finito male del city manager Tavolazzi”.
Messo in questo modo, chi legge è portato a pensare che se oggi Sateriale ci lascia con un bilancio non proprio soddisfacente, la radici stanno proprio là, ab imis fundamentis, in quella infausta scelta di chiamare l’ing. Valentino Tavolazzi nel ruolo di direttore generale del Comune di Ferrara.
Ma la Ferrara di oggi, la sua gente che dibatte ed esprime giudizi, che ne sa di Tavolazzi? Una sola cosa, forse: la più appariscente, e cioè che il city manager era stato ingaggiato con uno stipendio favoloso; ma non sa che quello stipendio lo faceva arretrare rispetto al compenso professionale che lasciava assumendo il ruolo a Ferrara. E io, invece, come lo so? Semplice, basta andare in internet e si trovano tutte le informazioni necessarie: dal curriculum alle dichiarazioni dei redditi, dal certificato penale alla relazione che il city manager presentò a Sindaco e Giunta alcuni mesi prima di essere licenziato.
Curioso, in quella relazione (ottobre 2002) oltre a molte proposte operative rimaste lettera morta (da cui il risultato di oggi) ci sono alcuni punti che chiariscono con quale e quanta autonomia il city manager operava.
In un passaggio significativo è scritto, a proposito della situazione organizzativa: “Ciò che mi preme rilevare è che il mancato completamento della riorganizzazione e la progressiva esclusione del Direttore generale dai processi decisionali di competenza dell’organo politico (non è invitato alle riunioni di Giunta) e di competenza dei dirigenti (non è coinvolto nelle istruttorie delle delibere in base ad una discutibile applicazione del principio di tutela dell’autonomia dei dirigenti), possono su questo terreno ricacciare il Comune indietro di anni, consolidando una situazione di inadeguata capacità operativa della struttura burocratica, che forse è inferiore di quella preesistente alla riorganizzazione del 2000”.
Questo chiarisce il nocciolo della questione-Tavolazzi, che non era il suo stipendio, ma la museruola che gli era imposta. Non voglio né difenderlo né lodarlo, ho raccontato dei fatti perché punto sulla chiarezza e sull’onestà dei giudizi. Non mi dilungo, qui lo spazio è tiranno, e vengo subito alle conclusioni: quando voglio farmi personalmente un’opinione di qualcuno o qualcosa, mi documento. Non mi piace sparare giudizi che sanno più di pettegolezzo (o di copertura dietro il dito delle mie incapacità) piuttosto che di verità certificabili, soprattutto non mi appello alle debolezze degli altri quando le colpe sono prevalentemente mie.
Athos Tromboni