



di Valentino Tavolazzi
Venerdì prossimo si riunirà la commissione consigliare di controllo dei servizi pubblici locali, presieduta da Alex de Anna, per l’esame del servizio idrico integrato e di gestione dei rifiuti, entrambi affidati ad Hera. Sarà l’occasione per approfondire il tema PFOA, inquinante rilevato nell’acqua di rubinetto con concentrazione pari a 14,5 nanogrammi/litro, a seguito della martellante pressione di Ppf. E’ stato così che l’Asl ha inviato un campione, prelevato nella centrale di Pontelagoscuro, all’Istituto Negri di Milano, che ha dato il risultato citato. Ora siamo in attesa di conoscere i dati delle analisi effettuate da Hera, su richiesta del direttore dell’Ato.
Il Pd, colto impreparato sul tema, tenta di sminuirne la portata ed accusa Ppf di procurato allarme. Mi auguro che il partitone abbia il coraggio di presentare un esposto alla Procura della Repubblica, la quale potrebbe accertare le eventuali omissioni di atti di ufficio da parte di chi, a tutti i livelli, non si è attivato per impedire lo scarico dell’inquinante in Po e per garantire il controllo periodico della sua presenza nell’acqua grezza e nell’acqua potabile.
Purtroppo non c’è una norma vincolante in Italia che fissi i limiti del PFOA nell’acqua potabile. Esiste tuttavia in Germania ed in Gran Bretagna. Anche gli Stati Uniti sono sul tema da anni. Nel 2007 il dipartimento di protezione ambientale (DEP) del New Jersey Jackson ha pubblicato i risultati di uno studio sulla presenza del PFOA nei sistemi idrici per l’acqua potabile in tutto lo stato. “Siamo nelle prime fasi di valutazione del PFOA e di cosa esso significhi per la salute umana. Tuttavia, è importante coinvolgere le aziende che gestiscono il ciclo dell’acqua ora, piuttosto che dopo“, ha dichiarato il commissario del dipartimento Lisa P. Jackson.
Il DEP ha testato i sistemi di acqua potabile ed accertato la presenza di PFOA nel 78% di quelli esaminati. La relazione comprende anche i risultati presentati da fonti esterne, come i gruppi ambientalisti e le aziende di gestione dell’acqua. Un vero esempio di controllo democratico.
Il dipartimento americano ha individuato un valore guida per il PFOA nell’acqua potabile. Sulla base di studi sugli animali e stime basate sull’ipotesi di esposizione di 70 anni, ha stabilito un livello di 0,04 parti per miliardo, equivalente a 40 nanogrammi/litro. Un dato non molto lontano dalla concentrazione riscontrata nell’unico campione di acqua potabile analizzato a Ferrara.
Gli studi scientifici sul PFOA e sui suoi effetti sulla salute umana sono in rapida evoluzione, per questo, come ha programmato il DEP, chiediamo che anche a Ferrara si effettui la ricerca sistematica e permanente dell’inquinante e si valutino i dati scientifici da tutte le fonti disponibili.
La preoccupazione di Ppf deriva dal fatto che la presenza del PFOA nell’acqua del Po non è casuale, né marginale per concentrazione (centinaia di volte superiore a quella riscontrata nell’acqua potabile) ed è di origine ben individuata (Spinetta Marengo, stabilimento Solvay). L’acqua potabile a Ferrara per l’80% è acqua del Po trattata. Prima della battaglia di Ppf, Hera, Asl, Arpa ed Ato non avevano mai controllato la presenza dell’inquinante nell’acqua del rubinetto.
Ed in tale contesto il Pd sul tema dorme sonni tranquilli.
Valentino Tavolazzi, Consigliere comunale Ppf
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