



Risposta dell’ATO.
Con riferimento al comunicato del Consigliere comunale Ppf Valentino Tavolazzi si fornisce le seguente risposta.
La problematica relativa al PFOA ( acido perfluorottanoico) è da alcuni anni alla attenzione della Comunità scientifica internazionale e fa parte di quei composti chimici denominati Perfluorati che, a loro volta, appartengono a quelle sostanze denominate Interferenti Endocrini (ED).
Tali sostanze, che in alcuni Paesi sono state vietate o limitate, sono oggetto di una Direttiva del Parlamento Europeo che le inserisce tra quelle soggette a monitoraggio e da far rientrare nei limiti che verrano proposti per il 2012; attualmente non ci sono limiti di legge per le acque potabili.
La problematica è stata affrontata anche sulle bottiglie di acqua minerale, infatti quando beviamo da una bottiglietta d’acqua minerale mandiamo giù anche un po’ di estrogenomimetici, composti chimici che mimano gli ormoni e che potrebbero interferire con il nostro sistema endocrino. A rivelarlo sono due studi appena usciti: l’uno tedesco, pubblicato su Environmental Science and Pollution Research, l’altro italiano, apparso su International Journal of Hygiene and Environmental Health. La notizia potrebbe interessarci molto da vicino, dal momento che l’Italia è il maggior consumatore d’acqua minerale d’Europa e il terzo nel mondo, sebbene quella che scorre dai nostri rubinetti sia potabile.
Si tratta degli unici due studi, ad oggi, che hanno analizzato l’effetto biologico combinato di queste molecole, rilasciate con molta probabilità dalla plastica con cui viene imbottigliata l’acqua. Le due ricerche differiscono molto per campionamento, metodologia e risultati, ma concordano su un punto: alcune acque minerali contengono estrogenomimetici in dosi che interferiscono con il sistema endocrino e che possono risultare tossiche per gli organismi. Questi composti, infatti, per la loro struttura molecolare sono capaci di legarsi ai recettori per gli ormoni e, una volta al loro posto, agiscono in modo anomalo.
A livello nazionale l’unico studio condotto su queste sostanze è stato effettuato dall’Istituto di ricerca sulle acque (IRSA) del Consiglio Nazionale delle Ricerche sulle acque del fiume Po, nel corso del 2008; da questo studio emerge quanto segue.
I prodotti chimici denominati perfluorurati (pfc) hanno trovato applicazione in diversi settori produttivi e commerciali, dall’utilizzo come rivestimenti protettivi ed idrorepellenti di tessuti, ai rivestimenti delle superfici murarie, in prodotti di uso comune come carta e recipienti per la cucina; trovano impiego, inoltre, quali componenti di vernici, adesivi, detergenti, in prodotti per stampanti,pellicole fotografiche e in materiali per microelettronica. Per la loro persistenza e parziale volatilità, sono di fatto presenti ubiquitariamente nell’ambiente e nel sangue di organismi animali e dell’uomo.
In particolare nell’ambiente sono riscontrate maggiormente due sottocategorie di tali composti denominate rispettivamente perfluoroalchilsolfonati (pfas), tra cui il più diffuso è il perfluoroottansolfonato (pfos), e gli acidi perfluorocarbossilici(pfca), tra cui il più diffuso è l’acido perfluorottanoico (pfoa). Nell’ambito del progetto europeo denominato «Perforce 2006» è stata
condotta una campagna di misura di perfluoroderivati nelle acque e sedimenti di alcuni fiumi europei. Da tale studio è emerso che la concentrazione più elevata di tali composti tra i maggiori fiumi europei è stata riscontrata nel fiume Po, alla chiusura di bacino a Pontelagoscuro (FE) con un range tra 60ng/l e un picco di 200ng/l (nanogrammi per litro) sulle acque greggie. Successivamente il Joint ResearchCentre, di Ispra (VA) ha verificato i livelli di pfc nel Po e dei sui principali affluenti; tutti gli affluenti hanno mostrato valori di pfoacompatibili con una contaminazione diffusa (1-20 ng/l) ad eccezione del fiume Tanaro (1270 ng/l).
Nel 2008 la stessa IRSA ha condotto una campagna di verifica e di approfondimento specificamente dedicata alle zone che presentavano livelli di pcf maggiori. In particolare sono state analizzate le acque del fiume Bormida nelle quali sono stati rilevati picchi di concentrazione fino 1.500 ng/l. La sostanza riscontrata in maggiori concentrazioni è il pfoa.
A seguito della pubblicazione già dei primi dati, il Ministero dell’Ambiente ha richiesto agli enti di ricerca un parere e una valutazione relativa ai rischi sanitari e ambientali per tali composti.
L’Irsa del Cnr e l’Istituto superiore di sanità hanno trasmesso delle relazioni nelle quali è stato messo in evidenza sostanzialmente che:
per quanto riguarda il rischio ambientale i livelli riscontrati di pfoa non dovrebbero causare effetti tossici acuti e cronici per gli organismi acquatici. Gli studi di tossicità acuta e cronica disponibili portano infatti a definire uno standard di qualità ambientale per i pfoa per gli ambienti di acqua dolce di circa 0,86 mg/l che è superiore di diversi ordini di grandezza rispetto ai valori, anche quelli massimi,riscontrati nel bacino del fiume Po. Viene però evidenziata, da parte degli istituti di ricerca, l’opportunità di effettuare ulteriori studi specifici sull’argomento anche a causa delle loro caratteristiche di persistenza e bioaccumulabilità e del potenziale rischio di interferenza con i meccanismi endocrini. A tale proposito l’Irsa sottolinea come le evidenze istologiche a livello gonadico evidenziate in precedenti studi e citati nell’interpellanza parlamentare, non sono attribuibili alla presenza di pfoa, ma piuttosto all’apporto di altri inquinanti con effetto estrogenico (ad esempio alchilfenoli). Per quanto riguarda i sedimenti, i dati disponibili derivanti dal Rapporto Perforce e dallo studio del Jrc indicano che i pfos sono presenti in quantità non superiori a quella di altri paesi europei con valori che rientrano nella contaminazione globale dei Paesi industrializzati; per quanto riguarda il rischio tossicologico umano solo la commissione per le acque potabili tedesca ha posto dei limiti nelle acque potabili in base al tempo di esposizione.
È stato posto per la somma tra concentrazioni di pfoa e pfos un limite di 100 ng/l per esposizione decennale e 5.000 ng/l per brevi esposizioni.
Gli USA non hanno ancora regolamentato a livello federale la concentrazione di tali sostanze nelle acque potabili, ma alcuni Stati interni hanno comunque posto dei limiti di accettabilità per i pfoa e pfos tra i 300 e i 500 ng/l.
Per quanto riguarda il rischio di consumo di prodotti ittici, a causa della bioaccumulabilità di tali composti, sarebbe necessario svolgere indagini appropriate per valutare le concentrazioni di pfoa e pfos nelle specie eduli del Po perché il rischio per la salute umana (in particolare per i pfoa), come riporta il parere dell’Iss, non può essere escluso;inoltre, tali sostanze (in particolare il pfos) sono oggetto di misure a livello europeo per una progressiva riduzione e ritiro dal mercato.
In generale la tutela dei corpi idrici superficiali rientra nell’ambito di previsione della politica quadro in materia di acque, contenuta nelle specifiche direttive europee e in leggi di recepimento italiane.
A tal proposito, solamente la sostanza pfos è stata inclusa nell’allegato della direttiva 2008/105/CE, in cui si individua un elenco di sostanze soggette a riesame da parte della Commissione Europea, per l’eventuale classificazione come prioritarie o come pericolose prioritarie.
In ambito locale a seguito del processo di riconversione del laboratorio di Pontelagoscuro, AATO6, HERA S.p.A., ARPA Emilia-romagna e IRSA-CNR realizzeranno, a partire dall’anno in corso una serie di attività mirate proprio agli Interferenti Endocrini, in merito alle quali si allegano le Linee Guida già concordate.
Il laboratorio di Pontelagoscuro si candida in tal modo a diventare punto di riferimento nazionale su questa problematica.
Il laboratorio di HERA S.p.A. di Sasso Marconi – Bologna ha nel frattempo già accreditato SINAL le seguenti sostanze denominate Interferenti Endocrini (ED) nelle acque destinate al consumo umano (primo laboratorio in Italia).
Analisi dei livelli di: 17α-Etinilestradiolo, Estrone, β-Estradiolo, Bisfenolo A, 4-Octilfenolo, Nonilfenolo in acque grezze e trattate, ed entro l’anno sarà accreditata la metodica su PFOA.
Analisi sulle acque grezze e potabili di questa sostanza potranno comunque essere effettuate a partire dal mese in corso.
Si anticipa ad ogni modo che la presenza dell’impianto di filtrazione a carboni attivi granulari presente nel ciclo di potabilizzazione della centrale di Pontelagoscuro garantisce un abbattimento quasi assoluto dell’eventuale presenza di questa sostanza nelle acque greggie del Po.
Tale affermazione è confermata anche da recenti lavori condotti negli USA che è stato tra i primi Paesi ad affrontare questa problematica, rilevando nel contempo un crescente rischio nelle acque imbottigliate con materiali plastici.
Ing. Ivano Graldi –AATO6 Ferrara
Allegato
LINEE GUIDA PROGETTUALI PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO SUGLI Interferenti endocrini nell’ecosistema del Fiume Po
PREMESSA
Studi recenti hanno dimostrato che diverse sostanze inquinanti, estranee al sistema endocrino, possono modificarne il normale funzionamento, inducendo alterazioni e danni che sono stati documentati per via chimica, clinica ed epidemiologica (Degen e Bolt, 2000; Dolk et al., 2004; Yang et al., 2008; Joensen et al., 2009). Ciò ha generato comprensibilmente grande allarme sia nella comunità scientifica che nell’opinione pubblica, dal momento che il sistema endocrino ha compiti fondamentali per la vita di un organismo in quanto gli ormoni prodotti dalle ghiandole e dai tessuti che lo compongono, controllano fenomeni delicati e complessi quali la riproduzione, l’accrescimento, lo sviluppo, nonché l’utilizzo delle sostanze alimentari.
Gli studi sinora condotti mettono in evidenza un quadro molto articolato e per certi versi preoccupante. Infatti, la complessità del sistema endocrino e la molteplicità dei punti di possibile interazione, fanno sì che le sostanze capaci di alterare i meccanismi ormonali siano numerose ed appartengano a gruppi chimici eterogenei. Queste sostanze hanno sia origine naturale che sintetica, e hanno usi quanto mai diversificati: si va dalla detergenza industriale al diserbo in agricoltura, dai plastificanti ai filtri UV dei prodotti cosmetici, dagli elementi in tracce ai fungicidi, dai biocidi sino ai farmaci contraccettivi (Metcalfe et al., 2001; Lichtensteiger et al., 2002; Nellemann et al., 2003; Sumpter e Johnson, 2005; Vetillard e Bailhache, 2005; Zha et al., 2008). Per tutti questi inquinanti è stata coniata la nuova categoria degli “interferenti endocrini” (endocrine disrupters) e alcuni di essi hanno caratteristiche tali (volumi di produzione, tossicità, persistenza, bioaccumulabilità etc.) da essere stati inclusi nella lista degli inquinanti prioritari della Direttiva Acque (2000/60/EC e DM 56/2009).
Per quanto riguarda il Fiume Po, le informazioni disponibili sono ancora limitate. Nel tratto intermedio del fiume, l’IRSA ha documentato sia la presenza di interferenti endocrini che i loro effetti nella fauna ittica. Tali effetti sono riconducibili alla formazione di gonadi intersessuali e cioè, contemporaneamente maschili e femminili (Puzzi et al., 2005). Il numero di inquinanti potenzialmente coinvolti è elevato e, aspetto non secondario, la loro identità è talvolta ancora sconosciuta (Urbatzka et al., 2007; Viganò et al., 2008a). Inoltre, sono ancora molti gli aspetti del problema che necessitano di essere approfonditi o addirittura soltanto esaminati (Mills e Chichester, 2005; Urbatzka et al., 2007; Jobling et al., 2009). In ogni caso, alla luce degli studi svolti sia in laboratorio che in campo è ragionevole affermare che l’alterazione gonadica più comune sia quella di “femminilizzazione” e cioè esemplari di sesso maschile il cui testicolo subisce una trasformazione ad ovario (Viganò et al., 2001; Sumpter e Johnson, 2005 Kidd et al., 2007). Tale trasformazione può essere più o meno estesa, ed eventualmente completa. Gli esemplari pescati nel Fiume Po sarebbero pertanto maschi femminilizzati (Viganò et al., 2001; 2006).
Il numero di specie potenzialmente interessate dal problema degli interferenti endocrini può essere, in realtà, più ampio e non limitato ad una componente strettamente acquatica dell’ecosistema quale è la comunità ittica. Parliamo di danni ad anfibi, uccelli etc. (Fry et al., 1981; Hayes et al., 2002; Gunderson et al., 2004) come è stato ben evidenziato in studi condotti in aree fortemente antropizzate come quella del bacino padano.
PROPOSTE OPERATIVE
Contaminazione da polibromodifenileteri (PBDE), altri ritardanti di fiamma e inquinanti organoalogenati
A parte i PCB e i DDT (DDT, DDE, DDD) dei quali molto si è scritto e per i quali vi sono evidenze sperimentali di azione sul sistema ormonale, c’è un altra classe di inquinanti che sta ricevendo grande attenzione e purtroppo su scala globale. Si tratta dei ritardanti di fiamma e precisamente di un loro gruppo, quello dei polibromodifenileteri (PBDE; Schecter et al., 2006; Vonderheide et al., 2008). Causa l’infiammabilità di svariati materiali sintetici di largo consumo, e quindi per intuibili motivi di sicurezza, la produzione e gli impieghi di questi inquinanti sono fortemente aumentati negli ultimi anni (La Guardia et al., 2006). I PBDE sono stati utilizzati come additivi in diversi polimeri presenti in cavi elettrici, in schiume poliuretaniche, in tessuti sintetici e nelle plastiche di computer, televisori e autoveicoli. Questi composti sono tossici, molto persistenti ed è stato dimostrato che si accumulano lungo la catena alimentare raggiungendo sicuramente l’essere umano (Schecter et al., 2006; Xiang et al., 2007; Viganò et al., 2008b, 2009; Yu et al., 2009). Il fiume Po ha a questo proposito un primato negativo in quanto vi sono stati trovati livelli di PBDE molto elevati, confrontabili con alcuni tra i siti europei più contaminati (Viganò et al., 2009). Per questo gruppo di inquinanti e soprattutto per alcuni congeneri e loro metaboliti ci sono pesanti sospetti di interferenza con il sistema endocrino e dunque evidenti necessità di approfondimento (Stapleton et al., 2006; Hamers et al., 2006; Muirhead et al., 2006). Alcuni congeneri dei PBDE sono stati inclusi tra gli inquinanti pericolosi prioritari della Direttiva Acque (2000/60/EC e DM 56/2009).
Sempre tra i ritardanti di fiamma è importante ricordare l’esabromociclododecano (HBCD), il tetrabromobisfenolo A (TBBPA) e il corrispondente tetracloro (TCBPA). Unitamente al decaBDE dei polibromodifenileteri questi sono tra i ritardanti di fiamma di più largo impiego e per alcuni di essi sono già stati evidenziati effetti sul sistema endocrino o su suoi elementi saggiati in vitro. Non ultimo possiamo ricercare i livelli di decabromodifeniletano (DBDPE). Su questo ritardante di fiamma, possibile candidato alla sostituzione del decaBDE, si sta concentrando l’attenzione del mondo scientifico perché sembra dimostrare problemi ambientali simili al decaBDE, il che significa persistenza e accumulo sia in alcuni comparti ambientali che in organismi viventi (per quest’ultimo inquinante abbiamo in programma la messa a punto del metodo analitico).
In merito a questo gruppo di inquinanti manca qualsiasi informazione sui livelli presenti nella sezione di chiusura e nell’area del delta del Po, come pure nella fascia marina costiera che il fiume influenza direttamente. In altre parole, mancano informazioni sull’azione di trasporto che il fiume svolge verso le aree costiere del Mare Adriatico e sui livelli di contaminazione della catena alimentare che risulterebbero da tale azione di trasporto. Ciò può avere conseguenze, da un lato, sull’ecosistema e, dall’altro, sulla salute umana in seguito alla contaminazione molto probabile dei prodotti ittici. Diverse tra queste sostanze sono caratterizzate da lipofilicità elevata ed è stato osservato che si accumulano a più livelli della catena alimentare.
Saggi in vitro per la presenza di effetti estrogenici complessivi
In un sistema complesso come il Fiume Po, la ricerca analitica degli interferenti endocrini, per quanto raffinata potrà essere, ben difficilmente raggiungerà la caratterizzazione completa della serie di inquinanti presenti. Per diversi motivi l’entità della frazione che in tal modo verrebbe ignorata è in gran parte sconosciuta e pertanto resterebbe esclusa da qualsiasi valutazione di rischio. Per ovviare ai limiti di un approccio cosiddetto “chimico specifico”, è opportuno utilizzare dei saggi che quantificano la risposta complessiva a tutti gli inquinanti biodisponibili, e ciò è normalmente possibile mediante l’applicazione di saggi in vivo o in vitro.
In questo caso, l’ipotesi di lavoro riguarderebbe l’impiego di saggi che utilizzano la risposta di cellule di lievito ricombinante. Cellule contenenti il recettore estrogenico umano, sarebbero utilizzate per saggiare la presenza di inquinanti ad attività estrogenica in campioni di sedimento e/o acqua del Fiume Po. Questo tipo di saggio permetterebbe di quantificare il rischio estrogenico complessivo presente nei distretti/comparti di interesse.
In collaborazione con i colleghi di un istituto di ricerca Europeo abbiamo la possibilità di indagare anche gli effetti anti-androgenici. Si sa ancora pochissimo sugli inquinanti capaci di agire secondo questa modalità, tuttavia il sospetto che la loro azione sia importante anche nei più noti processi di femminilizzazione è molto elevato. Nei nostri studi più recenti abbiamo determinato che questi effetti potrebbero essere importanti anche nel fiume Po: si tratterebbe ora di proseguire quel tipo di studi, approfondendone le cause e le conseguenze almeno in fauna ittica (Urbatzka et al., 2007; Jobling et al., 2009).
Contaminazione da estrogeni naturali e xeno-estrogeni
Poiché i laboratori HERA sono già in grado di determinare nella colonna d’acqua (sia in acque grezze che trattate) un gruppo di interferenti endocrini che sono sicuramente di interesse, può essere opportuno estendere il quadro informativo al comparto dei sedimenti del fiume. Parliamo di un gruppo di molecole, alcune delle quali sono caratterizzate da un potenziale d’azione molto elevato, e cioè etinilestradiolo (EE2), estrone (E1), 17β-estradiolo (E2), bisfenolo A (BPA), 4-octilfenolo (OP), nonilfenolo (NP), e tra breve PFOA. Questi ed altri inquinanti hanno lipofilicità medie e pertanto tendono anche ad accumularsi nel materiale organico particolato. Nella nostra esperienza, l’acqua è una matrice potenzialmente più semplice del sedimento, ma offre risultati alquanto variabili e con livelli di concentrazione molto spesso prossimi ai limiti di quantificazione. In ogni caso la scarsità/assenza di informazioni in chiusura di bacino e nel delta, rendono anche questi dati potenzialmente utili almeno in una prima fase conoscitiva. Secondo la nostra esperienza, anche l’estriolo (E3) andrebbe preso in considerazione oltre alle sostanze già citate (Viganò et al., 2006; 2008b).
Andamento temporale di alcuni interferenti endocrini nell’ecosistema Po
Per molti inquinanti che sono di interesse per gli effetti sul sistema endocrino, esistono informazioni ambientali a dir poco preliminari, e quando disponibili esse sono circoscritte a singole sezioni del fiume e generalmente non sono oggetto di aggiornamenti. La mancanza di informazioni complete ed aggiornate rende molto difficile se non impossibile la ricostruzione delle cause di degrado dell’ecosistema. E’ molto difficile comprendere, ad esempio, se i cambiamenti della comunità ittica del Po siano imputabili principalmente all’inquinamento da sostanze tossiche, piuttosto che agli effetti dei nutrienti (azione eutrofizzante) o ancora, all’introduzione di specie ittiche aliene. La mancanza di informazioni organiche impedisce inoltre la comprensione dell’andamento temporale della contaminazione. In altre parole, non è possibile stabilire se i livelli di taluni inquinanti sono in fase stazionaria, piuttosto che in favorevole riduzione o peggio in preoccupante aumento all’interno dell’ecosistema.
Una risposta possibile a questa grave lacuna, che tra l’altro ha evidenti riflessi gestionali, consisterebbe nel prelevare delle carote di sedimento da aree idonee ed analizzarle chimicamente (e se il caso non solo chimicamente) meglio dopo datazione mediante la determinazione di alcuni isotopi radioattivi (Cs, Pb?). In questo modo potremmo descrivere il cosiddetto “time-trend” di tutti gli inquinanti analizzabili per un arco di tempo tanto più ampio quanto più in profondità può spingersi il campionamento, nel rispetto ovviamente della rappresentatività dello stesso (15-50 anni?).
Ruolo degli eventi di piena nel trasporto di interferenti endocrini
Il fatto che molti degli inquinanti di interesse tendano ad adsorbirsi al materiale particolato in modo più o meno cospicuo, suggerisce che gli stessi inquinanti nel loro cammino all’interno dell’asta fluviale subiscano a più riprese processi di sedimentazione e risospensione.
In concomitanza con i periodici eventi di piena possiamo attenderci che i processi di risospensione e trasporto raggiungano la loro massima entità con gravi riflessi per la qualità delle acque marine costiere esposte al plume del fiume Po. A mia conoscenza non abbiamo informazioni sull’entità dei processi di trasporto di inquinanti organici né tanto meno di interferenti endocrini.
Ricerca di “personal care products” (PCPs) (Triclosan, triclocarban, galaxolide)
Al gruppo dei cosiddetti prodotti per la cura personale appartengono diverse sostanze chimiche che possono rientrare tra quelle di nostro interesse. Questi prodotti vengono utilizzati quotidianamente in grandi quantità ed alcuni dei più comuni hanno evidenziato la capacità di interagire con il sistema endocrino. Il Triclosan, uno tra i biocidi di più ampio impiego, è un inquinante cui la comunità scientifica sta dedicando particolare attenzione. La categoria dei biocidi è indicata, unitamente ai prodotti fitosanitari, tra gli inquinanti dell’Allegato VIII della Direttiva Acque (2000/60/EC e DM 56/2009). Anche in questo caso mancano completamente informazioni.
Ruolo dei prodotti fitosanitari quali interferenti endocrini
Secondo la letteratura, il numero di pesticidi che meriterebbero attenzione e approfondimenti in quanto potenziali interferenti endocrini è relativamente ampio. A differenza delle sostanze citate nei paragrafi precedenti, i pesticidi sono monitorati da tempo e in molti punti del bacino padano. Si hanno inoltre informazioni dettagliate in merito alle quantità utilizzate e quindi immesse in ambiente nelle diverse regioni del bacino del Po. Il quadro informativo andrebbe tuttavia ampliato e completato sia per quanto riguarda il destino ambientale nell’ecosistema del Po e sia per quanto riguarda gli effetti sul sistema endocrino almeno della fauna ittica. Proprio in base alle informazioni disponibili si tratterebbe di scegliere alcune dei principi attivi maggiormente interessanti e su questi fare degli approfondimenti. Come ricordato al punto precedente esiste un elenco di queste molecole nella Direttiva Acque (2000/60/EC e DM 56/2009), sia tra le sostanze prioritarie che tra gli inquinanti da monitorare.
Sperimentazione con pesci in laboratorio e in campo
La sperimentazione con pesci, sia in laboratorio che in campo, è fortemente condizionata dal tipo di risultati ottenuti in merito ai gruppi di sostanze dei punti precedenti, o almeno di alcuni di essi. Può essere, comunque, prospettata l’ipotesi di fare in questo triennio sperimentazione dedicata a singoli inquinanti come pure a miscele di alcuni tra questi, andando ad indagare le risposte anche in termini di espressione genica (Tossicogenomica) oltre che di sviluppo gonadico e di quadro ormonale.