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29 Ott, 2013

POC, il libro dei sogni avulso della città

Inserito da: PpF In: Urbanistica

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imagesNel luglio 2010 tutti i gruppi di opposizione presenti in consiglio uscivano dall’aula, in segno di protesta contro il metodo con il quale erano stati decisi gli obiettivi del Piano Operativo Comunale (POC) e molte critiche riguardavano il merito. Sono passati tre anni e la sostanza non è cambiata, eppure, con la sola esclusione di Ppf e Iaf, chi allora dissentiva, oggi ha votato a favore o si è astenuto, sostenendo di fatto una nuova colata di cemento invendibile e il totale disinteresse del Pd e del sindaco verso i nuovi bisogni della città.  Il piano autorizza 1892 nuovi alloggi e altri 13500 mq di strutture commerciali, senza puntare con decisione alla valorizzazione del patrimonio esistente ed alla riqualificazione energetica. Una scelta dannosa, basata su di un inesistente fabbisogno, tenuto conto delle migliaia di nuovi alloggi già autorizzati (convenzionati non attuati, più gli interventi diretti del RUE). Dunque il POC riversa altri appartamenti invendibili, in un mercato depresso da almeno 3000 nuovi alloggi invenduti, oltre ad un patrimonio edilizio residenziale non utilizzato, stimato dal Comune, in altre 9 mila unità.

La saturazione del suolo è al limite. E’ lo stesso PTR regionale a denunciare che negli ultimi 30 anni l’espansione del territorio urbanizzato ha dato origine ad un’altra regione: a parità di popolazione, il costruito è raddoppiato. Nel periodo 1994/2003 il territorio occupato da insediamenti residenziali, produttivi o commerciali è passato da 123.459 a 187.740 ettari, arrivando ad occupare l’8,49% del totale della superficie regionale. Si stima che con le aree urbanizzabili, classificate dai piani regolatori e non ancora utilizzate, si raggiunga il 10% del territorio regionale. Negli ultimi trent’anni in regione i territori artificializzati, che comprendono le zone urbanizzate, gli insediamenti produttivi, commerciali, i servizi pubblici e privati, le reti e le aree infrastrutturali, le aree estrattive, discariche, cantieri e terreni artefatti e abbandonati, sono cresciuti più del 74%. Il fenomeno è critico in quanto il suolo è una risorsa scarsa, mentre i processi di crescita urbana si sono prevalentemente orientati al consumo di nuovo suolo, invece che alla riqualificazione. Dunque l’uso che si intende fare del territorio nei prossimi cinque anni (POC), è un tema di grande interesse collettivo, non solo per i portatori di interesse economico, poiché il suolo è una risorsa da preservare al pari di acqua e aria, altrettanto fondamentale e ugualmente limitata e irriproducibile. E’ dovere di ciascuna generazione, nei confronti delle successive, salvaguardare l’equilibrio tra la capacità del suolo di rigenerarsi, svolgendo le sue cruciali funzioni naturali (agricole, biologiche, idrauliche, paesaggistiche) e lo sfruttamento da parte delle attività umane, spesso segnato dall’abuso indiscriminato di terreni fertili, dalla cementificazione selvaggia, dallo sfruttamento intensivo delle risorse idriche e minerarie, oltre che dall’inefficace gestione dei rifiuti e degli inquinanti industriali. A Ferrara stiamo subendo da anni i disagi derivanti dall’inadeguatezza del sistema fognario (ripetuti allagamenti), dall’inquinamento di interi quartieri della città (quadranti est e nord-ovest), dalla distruzione di siti naturali protetti e dalla cementificazione selvaggia indotta da progetti assurdi (Cona, Idrovia, Autostrada cispadana, Darsena City, raddoppio del Teleriscaldamento), talvolta su terreni inquinati.

Il POC doveva essere l’occasione per quasi azzerare il consumo di territorio, destinando risorse intellettuali ed economiche alla riqualificazione di parti di città in disuso, che hanno urgente bisogno di un intervento urbanistico. Il Comune doveva anteporre la ristrutturazione e riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, abitato o abbandonato, alla costruzione di nuovi condomini o nuove villette. Prima di autorizzare nuove costruzioni doveva pianificare, promuovere ed incentivare il recupero e la riqualificazione, anche in chiave energetica, del patrimonio esistente, abbattendone i consumi energetici, riconvertendolo alle energie pulite e rinnovabili, adeguandolo architettonicamente, per recuperare la bellezza di angoli della città, delle periferie e del forese, spesso deturpati da ecomostri o scempi vergognosi. Occorrevano regole ed incentivi atti ad indirizzare l’imprenditoria locale su progetti di recupero e riqualificazione, che grazie a coerenti politiche, risultassero più competitivi delle nuove costruzioni. Si doveva puntare sulla ristrutturazione del patrimonio esistente, secondo criteri di risparmio energetico/idrico, utilizzando fonti rinnovabili, tecnologie costruttive bioclimatiche, ecologiche e non inquinanti, per contenere i consumi e minimizzare i livelli sonori. Occorreva assicurare un’abitazione a tutti con una quota più elevata di edilizia sociale. Si doveva agire sulle migliaia di appartamenti sfitti e invenduti per ristrutturare edifici da portare in classe energetica A, trasformare in passivi o a bilancio energetico positivo (più energia prodotta di quella consumata). Tutto questo avrebbe creato nuovi posti di lavoro e prodotto un’edilizia qualificata in città e nel forese.

Infine il POC è privo di una visione della città, che deve radicalmente trasformarsi per un futuro possibile, basato sul rilancio delle sue invidiabili caratteristiche storiche, culturali, architettoniche, naturali e gastronomiche. E’ un grigio atto amministrativo, privo dell’audacia progettuale necessaria per la profonda trasformazione del modello economico, che punti finalmente sul turismo, sui servizi e sul manifatturiero (anche collegato all’artigianato, ai prodotti agricoli, alla tradizione gastronomica) e sull’industria verde (recuperi ambientali, gestione virtuosa dei rifiuti, trasporti sostenibili, risanamento e valorizzazione del paesaggio e delle risorse naturali, quali fiumi, valli, borghi, residenze storiche). Il POC poteva essere un passo in questa direzione. Invece è il solito libro dei sogni, un vecchio modello che associa sviluppo a costruire, sfruttando il suolo per il profitto di pochi, in danno agli altri.

 

Valentino Tavolazzi

Consigliere comunale

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  • Valentino Tavolazzi: Ing. Savini, come le ho scritto sei anni fa, saremmo ben lieti di pubblicare un intero suo articolo nel nostro sito, con la sua completa versione dei
  • Valentino Tavolazzi: Ing. Savini, come le ho scritto sei anni fa, saremmo ben lieti di pubblicare un intero suo articolo nel nostro sito, con la sua completa versione dei
  • vittorio savini: ,,,aggiungo inoltre che vi è stata un' ORDINANZA del tribunale di Ferrara (artt. 676 C.P.P.) n. 250/2016 del 2 novembre 2016 a firma del giudice Pier

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Valentino Tavolazzi

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