



di Valentino Tavolazzi
L‘unica soluzione ai problemi generati dalla chiusura del Sant’Anna e del pronto soccorso, è il suo esatto contrario: mantenere in città un piccolo ospedale universitario, specializzato nella cura e nella ricerca per pazienti anziani (un centinaio di posti letto), con annessi reparti di ortopedia, urologia e cardiologia di eccellenza, pilastri per il funzionamento anche di un pronto soccorso in centro. Una variazione sul “tema Cona”, che non mina alla base, bensì rafforza il ruolo di hub prospettato per il nuovo ospedale. Le iniziative di comunicazione del Pd sull’operazione “Cona”, invece di dissipare dubbi e preoccupazioni sull’efficacia del ventennale progetto sanitario, li aumentano.
La complessa operazione imperniata sul nuovo ospedale non è stata solo malamente gestita (dopo vent’anni siamo a questo punto), ma risente di un carente approfondimento progettuale (vedasi l’organizzazione sanitaria). Ogni giorno spunta una nuova tessera nel variopinto mosaico (l’ultima é l’ambulanza in via Copparo) e trovano conferma le perplessità sulle attuali carenze del sistema emergenza, per esempio in merito a infarto, ictus cerebrale, gravi emorragie e politraumi. Per queste situazioni è strategico il tempo di arrivo dell’ambulanza al luogo di soccorso, ma anche e soprattutto il tempo di trasporto del paziente all’ospedale per le cure d’urgenza, contrariamente a quanto finora sostenuto dai consiglieri comunali medici del Pd. Se si allontana l’ospedale dai quartieri più popolati del Comune (centro storico, nord, nord-ovest, ovest ) è evidente che si allungheranno i tempi di trasporto dal punto di soccorso al luogo di cura. Oltretutto, né sul luogo di soccorso, né in ambulanza, possono essere praticate l’angioplastica (per cardiopatie) o la trasfusione (per gravi emorragie), spesso estreme speranze per la vita del paziente. A questo proposito, giovedì a Rosso di Sera in casa Pd, gli stessi consiglieri medici relatori hanno confermato carenze nei tempi di risposta del sistema emergenza.
Inoltre preoccupa molto il futuro delle prestazioni erogate dal Pronto Soccorso in città. Gli esponenti medici del Pd propongono come alternativa la fantomatica Casa della Salute, affidata a medici di base, il cui apporto e consenso non sono ancora certi. Una struttura che non funzionerà di notte. Attualmente al Pronto Soccorso giungono oltre 77 mila pazienti l’anno, di cui 62 mila (81%) non vengono ricoverati. Dunque 8 accessi su 10 sono codici bianchi (non critico, pazienti non urgenti, 16 mila) e verdi (poco critico, assenza di rischi evolutivi, prestazioni differibili, 43 mila), per un totale di accessi non gravi pari a 59 mila casi. I pazienti trasportati al pronto soccorso dal 118 sono solamente 14 mila su 77 mila (18%).
Pertanto il Pronto Soccorso svolge un servizio importante, soprattutto di notte e per gli anziani, che trovano in corso Giovecca un’assistenza medico-chirugica per patologie non gravi (storte, tagli, cateteri da cambiare, coliche, ustioni, ansia, ecc..). Esso eroga le prestazioni necessarie in giornata ad 8 cittadini su 10 che vi ricorrono, i quali, quando troveranno i battenti chiusi in Giovecca, non potranno richiederlo alla Casa della Salute, chiusa di notte, né alla guardia medica, palesemente insufficiente e non supportata da servizi diagnostici e di laboratorio. L’amara realtà è che tutti (62 mila pazienti non ricoverati, spesso anziani) dovranno recarsi a Cona. Con quali mezzi di notte? Chiameranno tutti il 118? Quesiti angoscianti rimasti ancora senza risposta.
Nessun capoluogo di provincia, nella nostra regione, si è mai privato dell’ospedale e del pronto soccorso in centro storico, anche quando se ne è costruito un secondo fuori città. Ferrara sarebbe il primo e unico caso, esattamente come per l’assenza di una circonvallazione, per l’immane presenza a due passi dalla cattedrale di una turbogas da 800 MWe, per un ospedale in costruzione da vent’anni.
Valentino Tavolazzi, consigliere comunale Ppf/M5S