



Lettera pubblicata da estense.com
di Paolo Giardini
“.. Non possiamo nascondere la preoccupazione per la tenuta della qualità dell’offerta formativa…”. Non tragga in inganno il plurale. E’ maiestatico, adottato con modestia dalla neo presidente della Provincia, parlando all’apertura dei lavori in Castello Estense della conferenza provinciale per l’istruzione la formazione e il lavoro. Non è facile per noi cittadini decidere se auspicare questa tenuta qualitativa o sperare nel pur doloroso crollo definitivo, perché dalle macerie prima o poi si riedifica. E ripartendo daccapo si dispone di tutto il potenziale migliorativo possibile. Invece quello che è cresciuto storto rimane tale finché campa. Ne è un esempio vivente la stessa personaggia maiestaticamente preoccupata.
Basta esaminare la qualità delle sue note riguardanti la polemica in atto sulle pinete da salvare ai lidi, dove in pochissime parole riesce ad infilare una ridda di problemi lessicali e semantici:
“Si vuol far credere che due casi di nuove edificazioni in aree occupate da alberi (una delle quali è stata per anni una discarica d’inerti) siano una resa alla speculazione edilizia e l’avvio di una nuova cementificazione, tacendo volutamente delle decine di altre aree urbane con alberi, tutte quelle rimaste, che sono invece definitivamente tutelate come verde pubblico…”.
Non riuscendo a ricordare il termine “boschi”, la presidente rimedia con la descrizione “aree occupate da alberi”, come osserverebbe un marziano in perlustrazione sul pianeta. Per fortuna non ci sono prati in discussione da definire “aree colonizzate dall’erba”. La pezza grossa inoltre non può transigere sulla trascuratezza: in passato una delle due “occupazioni di alberi” si è comportata malissimo, ospitando pure in vergognosa promiscuità una discarica. Questo disordine verrebbe sanato con “nuove edificazioni”, le quali, come è noto, sono un fenomeno spontaneo naturale nei boschi e nient’affatto una resa alla speculazione edilizia.
Che le “nuove edificazioni” in un bosco comportino l’irreversibile distruzione del paesaggio e dell’ecosistema esistente con danni infinitamente superiori alle discariche d’inerti (autorizzate da chi? dalla Provincia o dal Comune?) sembra cosa non riguardante la colta amministratrice, paga dei cavoli a merenda costituiti dalle “decine di altre urbane con alberi” definitivamente tutelate come “verde pubblico”. C’è da chiedersi se intende davvero dire che il verde pubblico è dato dagli alberi rimasti in aree diventate urbane. Probabilmente mescola le accezioni della terminologia legislativa con quelle del linguaggio relativo alla realtà. Un bel disastro, di cui possiamo ringraziare la scuola pubblica.
Paolo Giardini