



Siamo sommersi dalla pubblicità, esito dell’incessante bombardamento reclamistico, costretto pure ad accrescere di volume per compensare i meccanismi di assuefazione.
Una generazione inconscia del futuro (la mia), ha nella lista dei suoi fallimenti anche il non aver valutato le conseguenze della pressione permanente di sollecitazioni artificiose, preponderanti su altri stimoli ambientali per le nuove generazioni. Queste sono obbligate a vivere l’artificiosità come “naturale”, essendovi immerse fin dalla nascita.
C’è tutta una generazione, quindi, di genitori, educatori, psicologi, formatori, parroci e vescovi che dovrebbe spararsi dalla vergogna per non aver neppure cercato di arginare il fenomeno. A ciò comunque ha posto rimedio una legge che d’ufficio trasferisce tutti nel ruolo dei “consumatori”, esonerando chiunque dal sentirsi in colpa.
Per quanto riguarda l’intelligenza dei consumatori, la legge non ne parla, o forse ne parla in un comma segreto per soli addetti ai lavori. Deve essere questo il motivo per cui i messaggi pubblicitari professionali a cui tutti siamo avvezzi, pur nell’estrema concisione, direttamente o subdolamente, sono sempre efficaci, mentre quelli fatti in casa fanno ridere i polli.
Questa settimana i manifesti elettorali, comprese le costose lenzuolate, hanno palesato in tutta evidenza un’origine casereccia da far ricordare l’odore del soffritto: la compagine che s’è accaparrata da tempo tutti gli spazi pubblicitari continua in uno straziante bisogno di cure specialistiche contro la dislessia; il manifesto della Zappaterra sembra fatto apposta per istigare a delinquere Dall’Acqua che ci si aspetta di vederlo aggirarsi inviperito e armato di randello; il manifesto di Savini è scambiabile alla prima occhiata per la pubblicità di pasta adesiva per dentiere; mentre quello che vede la foto di un soddisfatto Tagliani riempire tutto il foglio con la didascalia “io ci sto” è chiaramente copiato da un manuale di italiano per bambini extracomunitari di lingua hurdu.
E queste performances dovrebbero convincerci della buona qualità dei loro interpreti?
Paolo Giardini