



di Roberto Zambelli
Nel 2003-2004, in occasione della trasformazione di un padiglione della fiera di Ferrara in Sala Congressi a grandezza variabile, contestai la scelta per quelli che allora erano ovvi motivi ritornati amaramente pressanti oggi che ci stiamo giocando la credibilità sulla permanenza o meno del Salone del Restauro a Ferrara. Allora, se non ricordo male ci fu qualcuno che si permise di suggerire che se le cose sarebbero poi andate male forse poteva dipendere anche dalle mie, peraltro argomentate e propositive, lamentele.
Allora rendevo evidente il fatto che, per una fiera piccola, ma ben strutturata come quella di Ferrara portare via spazio espositivo e/o dedicato alla ristorazione per fare congressi quando si poteva integrare il quartiere fieristico con quello congressuale antistante su via Bologna si sarebbe potuto rivelare disastroso. Allora contestavo anche che rinunciare all’accesso da Via Bologna era stata una scelta scellerata proprio da un punto di vista del puro e semplice marketing spicciolo. La questione è purtroppo riemersa sulla proposta per un nuovo palazzo dello sport fatta in occasione della promozione del Basket Club in serie A1; anche in quel caso ho manifestato la mia contrarietà sulla base di quanto si potrebbe e si dovrebbe fare ancora oggi se si vuole davvero dare a Ferrara una sede fieristico-congressuale degna di questo nome e in grado di mantenere e valorizzare le fiere attuali e di attrarne di nuove.
Perché le scrivo oggi? Le scrivo oggi poiché negli ultimi tempi, prima sul Il Resto del Carlino e oggi su La Nuova Ferrara si riaffronta l’argomento, purtroppo ancora una volta in modo dissonante e premonitore di disastri (ovviamente dal mio punto di vista). Mario Resca ferrarese e ora Direttore Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale presso il Ministero ha parlato della questione in relazione al finanziamento stanziato per l’Ermitage Italia e ci ha preavvisato che c’è bagarre tra i saloni del restauro di Ferrara, il primo in assoluto, nato nel 1994 e giunto oggi alla 17a edizione, e quelli di Venezia (2006) e Firenze(2009) e che dei tre, non si sa per quale motivo, ne resterà solo uno. Oggi ritornano sull’argomento, ognuno parlando pro domo sua e con una visione delle cose per me preoccupante, tre persone non esattamente al di sopra di ogni sospetto se non altro per le cariche ricoperte: Nicola Zanardi, presidente di Ferrara Fiere, che ora (chissà se è già troppo tardi) afferma che “…siamo di fronte ad una prova impegnativa. Per mantenere la manifestazione confrontandosi con due città del calibro di Firenze e Venezia, occorre che la proposta che darà la città sia importante. Firenze sta già copiando il nostro modulo E Ferrara dovrà quantomeno vestirsi a festa e dare segnali importanti di vitalità per poter continuare sulla sua strada. Serve insomma, un impegno collettivo, perché il ministero non andrà solo dove c’è la maggior tradizione (e Ferrara è stata la prima a dare vita al Salone del Restauro) ma anche dove troverà risposte concrete.”; Sauro Baraldi, ex dirigente Cisl, chiedendo la massima attenzione, con molta ovvietà (troppa per me), evidenzia che “…il Salone del Restauro deve essere il momento per lo sviluppo della città e della provincia e serve un’azione unitaria per definire scelte concrete.”. Massimo Misto ora vicesindaco del comune di Ferrara con delega alla cultura ci dice: “…a breve insieme a Ferrara Fiere definiremo un programma collaterale di iniziative che si svolgeranno in città per rafforzare la visibilità, l’autorevolezza, e la capacità di aggregare che ha il Salone del Restauro. Iniziative che saranno in centro e nella Fiera, perché con il Salone del Restauro si spazia a 360 gradi nella cultura.”.
Zanardi, credo che il suo tempo sia scaduto e chiede un impegno collettivo a tutta la città per fare le cose concrete che doveva fare e che lei non ha fatto avendone il mandato o sbaglio? Doveva evitare di togliere spazio espositivo ai saloni e ai servizi, ad esempio, di ristorazione e doveva impegnarsi per l’integrazione del centro congressi con il quartiere fieristico. Doveva cercare di premiare le varie imprese che negli anni hanno dato fiducia Ferrara e alla nostra Fiera ad esempio pretendendo che fosse riattivato l’ingresso di Via Bologna semmai rimodellando la viabilità in una zona in cui tuttora è possibile farlo. Faccio notare che non usare come marketing naturale e pubblicitario via Bologna con il relativo ingresso principale equivale, per molti imprenditori ed organizzatori fieristici e per molte delle fiere che ancora si tengono a Ferrara, alla differenza che c’è tra il vivere e il morire, tra la qualità e lo squallore. Perché? Semplicemente perché ancora oggi in via Bologna passano circa 1200 auto al giorno che, se tradotto in solo possibile aumento di ingressi, equivarrebbe a risultati economici incredibili sia per le piccole e piccolissime fiere sia per i grandi eventi e soprattutto si tradurrebbe in un reale legame con una Ferrara, che ormai non sa neppure più di avere ancora la Fiera. In merito alla mia domanda se non valesse la pena riattivare questo ingresso la risposta che mi fu data allora da una dirigente della Fiera stessa è emblematica: “la gente si abituerà al nuovo ingresso e si dimenticherà dell’ingresso di Via Bologna” La gente, in effetti, si è dimenticata della Fiera e neppure percepisce quando ci sia un evento fino a far trarre l’errata, ma sbrigativa e fuorviante conclusione che il cittadino Ferrarese sia, come il solito, disinteressato a quanto avviene in Fiera come del resto di tutte le cose che lo circondano. Quale sviluppo e quale indotto Baraldi se nessuno sa neppure che la Fiera esista? I Sindacati dove sono quando ci sarebbe da fermare i cosiddetti buoi prima che escano dalla stalla? Come mai non leggo mai nulla sull’argomento se non a posteriori?
L’assessore e vicesindaco Massimo Maisto, dalle parole che leggo, sembra voler fare un tutt’uno di questo problema del Salone del Restauro e quelli strutturali della Fiera con la mancata realizzazione di Ferrara Città Territorio: unire le due cose sarebbe un errore madornale e gli chiedo di mantenerle separate almeno fino a ché non si siano risolti i rispettivi colli di bottiglia.
Cosa propongo in conclusione? Partendo dal presupposto che, in un mercato libero, trovo abbastanza assurda l’ipotesi, salvo che la cosa non sia già stata decisa per altri motivi ancora non resi pubblici, che debba restare in vita uno solo dei tre saloni esistenti, credo che si debba, in breve tempo dimostrare, che c’è davvero la voglia di fare quello che finora non è stato fatto e che operativamente si tradurrebbe nei seguenti passi: 1) organizzare una serie di incontri in un forum aperto e trasparente su ogni aspetto (in cui io mi candiderei volentieri sia come rappresentante di Progetto per Ferrara sia come operatore professionale) per individuare gli interventi concreti che permettano di dare nuova vita al quartiere fieristico; 2) valutare e mettere in atto tutti i passi necessari per integrare il palazzo congressi di Via Bologna con il quartiere Fieristico restituendo così i padiglioni e le aree servizio alle loro funzioni originali; 3) riattivare l’ingresso su Via Bologna; 4) iniziare un’immediata valutazione per portare a termine la riprogettazione e la modifica della viabilità di Via Bologna nella zona antistante il palazzo congressi rendendola funzionale, oltre che al traffico ordinario, alla fruizione dei servizi che la zona Fiera-Congressi potrebbe offrire; 5) integrare la viabilità con ciclabili, servizi pubblici e di collegamento con la città, la stazione ferroviarie e l’aeroporto Marconi di Bologna situato, non dimentichiamolo, a 30 minuti dal quartiere fieristico 6) dotare il quartiere fieristico-congressuale delle migliori infrastrutture relative alla Information Technology; 7) Avviare operazioni di marketing pubblicitario integrando e coinvolgendo gli operatori turistici e ogni altra struttura che a Ferrara si occupi di accoglienza e promozione del territorio.
Se si vuole davvero che il quartiere fieristico diventi parte della città e motore di sviluppo e se si vuole mantenere il Salone del Restauro come fiore all’occhiello dandogli anche nuovi stimoli per un suo sviluppo autonomo a Ferrara non c’è più tempo da perdere e soprattutto è ora di smetterla di mischiare le carte confondendo cose diverse tra loro.
Roberto Zambelli – Progetto per Ferrara
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