



di Lanfranco Viola
Uno dei pochi temi su cui vale la pena di insistere, in questo periodo di paure nazionali, per le conseguenze che potrebbe riservare al futuro economico e occupazionale della città, è la prospettiva della nostra Industria dell’Accoglienza. L’unica che potrebbe crescere nel giro di poco tempo, in quanto i suoi potenziali clienti sono in tutta Europa in notevole aumento, come dimostrano i dati recenti dei pernottamenti nelle altre città d’ arte del Nord Italia compresa Varese (sic! ). Ferrara è sicuramente un’importante città d’arte, per la sua storia e i suoi monumenti,ma non possiamo dirci una città turistica,in quanto non è mai stata pensata, progettata, concepita e gestita come tale dalla sua classe dirigente politica, amministrativa e imprenditoriale (salvo qualche lodevole eccezione).
Tralascio l’elenco dei monumenti, chiese e musei chiusi da tempo immemorabile nella totale indifferenza, per fare una affermazione lapallissiana: per potersi autodefinire città turistica è necessario ospitare turisti italiani e stranieri in quantità ragguardevole, non solo modeste percentuali poco significative per l’economia e l’occupazione.
I turisti ed i turismi in un capoluogo di provincia sono prevalentemente di cinque tipologie. A Ferrara, a spanne, sono il turismo businness (30- 35%, in diminuzione), il turismo fieristico-congressuale (8-10% stazionario), il turismo sanitario (4- 5% stazionario), il turismo scolastico (8-10% in leggera flessione) ed il turismo leisure, legato all’appeal e alla fama della città come destinazione culturale valida tutto l’anno, pari al 35-40% e in progressiva e preoccupante diminuzione. Precisiamo una volta per tutte che né i militari Nato né gli studenti universitari, possono più essere spacciati per turisti. Appare evidente che mentre sulle prime quattro tipologie ci sarebbe molto da fare, ma con scarse prospettive nel breve periodo, riguardo al vero turismo (pari a meno del 40% delle presenze totali), potrebbe raddoppiare nel giro di 16/18 mesi. Ancora oggi è costituito al 70-80% da italiani che non frequentano la nostra Capitale del Rinascimento nei mesi estivi, proprio quando la maggioranza di loro ha le ferie (senza parlare degli stranieri). Il tutto a fronte di una capacità di accoglienza delle strutture ricettive cittadine pari a tre volte il loro utilizzo attuale. Anche le mostre ai Diamanti sono da sempre state pensate, realizzate e comunicate solo per richiamarvi prevalentemente un’alta percentuale prevalente di escursionisti, spacciati per turisti con la complicità di troppi e per troppo tempo. Negli ultimi due anni, nei quali i nodi sono arrivati al pettine e le mistificazioni lessicali non sono più possibili, tutti i responsabili si sono fatti di nebbia. Da marzo del 2010 (ben 17 mesi ) non ci sono stati più incontri, convegni o dibattiti ufficiali e pubblici sullo stato dell’industria turistica della città. Perché? Siamo autorizzati a sperare che finalmente abbiano preso coscienza che colpevolmente hanno la coda di paglia? Non lo credo: anzi ritengo che qualcuno speri solo di evitare pubbliche brutte figure.
Lanfranco Viola