



di Valentino Tavolazzi
Il paziente attende da dieci anni la cura e l’equipe medica ha deciso che servono altri accertamenti. In metafora questa è la situazione del quadrante est e dei suoi residenti, che restano esposti a gravi rischi sanitari per un tempo indeterminato, in attesa di sapere cosa si farà e quando. Il piano di caratterizzazione che sta per essere approvato in giunta non da risposte al riguardo. Intanto gli inquinanti (Cvm ed altri cancerogeni e non), presenti in concentrazione altissima nella falda, alimentano la contaminazione che si diffonde sempre più, l’asilo del salice resta chiuso, le proprietà immobiliari si svalutano, l’ansia dei residenti aumenta.
I valori di Cvm riscontrati nel quadrante est sono in assoluto i più alti storicamente mai rilevati nelle acque sotterranee di Ferrara (centinaia di migliaia di volte superiori ai limiti consentiti, gli altri casi sono a Pontelagoscuro e in via del Lavoro). Il professor Gargini ha dimostrato con gli isotopi che il Cvm deriva dai prodotti organici utilizzati dagli impianti chimici allora operanti a Ferrara, Marghera, Ravenna. Se si esclude lo stop all’apertura dell’asilo, voluto fermamente dall’Asl, dal 2000 il Comune non ha adottato alcun provvedimento in applicazione del principio di precauzione. Non ha nemmeno inibito l’uso dell’acqua prelevata dai pozzi privati esistenti, in qualche modo collegato alla catena alimentare, come i pozzi utilizzati per la coltivazione degli orti in via del Melo.
Al contrario il Comune ha consentito l’abitazione di appartamenti ultimati a ridosso della discarica e venduti da Cogef nel 2004, quando già si conosceva la gravità della situazione ambientale. Non si sa se abbia imposto il vincolo di onere reale sul certificato di destinazione urbanistica (allora previsto dal decreto Ronchi). Ha deciso la costruzione dell’asilo del Salice, iniziata un anno dopo che il professor Gargini aveva ben descritto l’allarmante contaminazione del sito. Ha acquisito dalla Parco l’enorme discarica, concedendo all’azienda gli stessi volumi in via Canapa e scaricando sui conti pubblici gli oneri della bonifica (vedi ex Camilli). Ha costruito nel 2009 un inutile diaframmino, costato 80 mila euro, che non rientra in alcun progetto di bonifica e non è stato adeguatamente motivato dal punto di vista tecnico e scientifico, soprattutto riguardo agli effetti meccanici e chimico-fisici che potrà produrre.
In dieci anni sono stati spesi 250 mila euro in prove ed analisi, 80 mila euro nel diaframmino, ai quali ora si aggiungeranno 200 mila euro dati all’istituto superiore di sanità per la sua collaborazione, 150 mila euro per ulteriori indagini, per un totale di 680 mila euro, senza che sia stato rimosso un solo chilo di rifiuti.
Tutto era iniziato con il fallimento della fornace Sef che nel 1981 lasciava in eredità alla Cassa di Risparmio di Ferrara un’area sulla quale insisteva una delle due discariche citate, di cui già nel 1985 la relazione geologica segnalava l’esistenza. Ma il Comune a partire dal 1994 concedeva a Cogef (che nel frattempo aveva acquisito l’area dalla Carife), Ginestra, Bonazzi e Ramerini la costruzione di 184 alloggi per 800 residenti. Nel 2000, con diversi fabbricati costruiti e venduti, Carabinieri ed Arpa facevano scoppiare il caso idrocarburi, spia che scatenerà le indagini degli anni successivi. Le costruzioni nel quadrante proseguirono e sono tuttora in corso.
Occorreranno almeno due anni per completare le indagini del piano di caratterizzazione. Nel frattempo nessuno farà nulla per limitare i rischi di esposizione per la popolazione.
Valentino Tavolazzi Consigliere Comunale PpF
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